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L’archivio di Giulio Andreotti. Intervista a Luciana Devoti

A cura di Maurizio Gentilini

in nn. 1-2/2009
Il 14 gennaio scorso, il novantesimo genetliaco del senatore a vita Giulio Andreotti - l’uomo politico italiano forse più famoso - ha costituito l’occasione per la presentazione al pubblico del suo archivio personale.
Trasferito fin dal 2007 nei sotterranei della sede dell’Istituto Luigi Sturzo a Roma, e da allora oggetto di un articolato progetto di riordino e inventariazione, questo fondo costituisce, per consistenza e ricchezza, un vero unicum nel panorama degli archivi di personalità politiche contemporanei.
La fondazione culturale romana, depositaria di buona parte delle fonti prodotte dal cattolicesimo democratico in Italia nel corso del Novecento, ha ricevuto in donazione il prezioso archivio, che è stato rapidamente dichiarato di notevole interesse storico dalla Soprintendenza archivistica per il Lazio.
Il progetto ed i lavori di riordino e inventariazione sono stati affidati a Luciana Devoti, archivista di grande esperienza nel campo degli archivi di istituzioni e personalità politiche, coadiuvata da Francesca e Simona Panunzi, giovani professioniste particolarmente competenti nel settore della digitalizzazione.
A loro abbiamo rivolto alcune domande, centrate sugli aspetti professionali dell’intervento su questo archivio
Qual è la consistenza complessiva del fondo e la sua morfologia?
L’archivio è costituito da 3.500 faldoni pari a circa 600 metri lineari di documentazione, suddivisa in due grandi sezioni; nella prima (1.100 buste ca.) le carte sono organizzate in 15 serie documentarie a carattere tematico, articolate in sottoserie. La seconda sezione (2.400 buste ca.) è costituita da fascicoli corrispondenti a pratiche con classifica numerica (da 1 a 10.560), contenenti carte relative ad affari diversi (personalità, eventi, soggetti). L’archivio conserva documentazione relativa alla sfera sia privata che pubblica e ci permette di ripercorrere in modo continuativo e significativo la sua lunga attività di uomo di governo e di partito, di studioso, di giornalista e di saggista. Le carte ne documentano il ruolo istituzionale, come ministro e presidente del Consiglio, con particolare riguardo alla politica estera e comunitaria, l’attività nel partito della Democrazia cristiana, ma anche i rapporti con istituzioni e personalità della Chiesa, della cultura, dell’arte, dello sport, sia a livello nazionale che internazionale. L’archivio è costituito in gran parte da documentazione cartacea, ma conserva anche una ricca raccolta di fotografie, oltre a materiali sonori e audiovisivi.
La struttura attuale è originaria e risale con ogni probabilità agli inizi degli anni ’50, come si rileva in alcuni documenti della segreteria particolare, datati 1953-1954, dai quali emerge che la consistenza dell’archivio, a causa dei flussi giornalieri della documentazione, aveva raggiunto delle dimensioni tali, da rendere necessarie una riorganizzazione della documenzione, ma soprattutto una ridefinizione dei criteri di gestione delle pratiche. Vennero così elaborate alcune relazioni e venne messo a punto un documento, sottoposto all’attenzione ed al vaglio dell’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Andreotti, nel quale vengono descritte le nuove procedure in merito al funzionamento dell’archivio, alla compilazione degli schedari e si fa riferimento alla distinzione della documentazione destinata quotidianamente ad una conservazione autonoma, separata – “personale” -, identificata con l’espressione «atti miei / riservato», in uso ancora oggi.
Quali gli strumenti di gestione originari?
Questo complesso documentario nel corso degli anni è stato gestito attraverso uno schedario alfabetico cartaceo costituito da 22.000 schede mobili, corrispondenti ai titoli/denominazioni delle serie documentarie e delle pratiche numeriche relative ad affari diversi e due schedari alfabetici di 1.700 schede ca., nei quali sono parzialmente elencati, fino alla metà degli anni Ottanta ca. e secondo un’articolazione tematica, gli scritti e i discorsi.
Quali le principali difficoltà riscontrate nell’impostare il riordino e l’inventariazione?
Il fondo ha una struttura di tipo essenzialmente tematico e numerose sono le interconnessioni esistenti tra le due sezioni (seriale e numerica); occorre inoltre considerare che l’archivio negli anni è stato gestito attraverso schede cartacee alfabetiche, contenenti oltre ai dati relativi alla voce principale - sottoarticolazioni comprese - numerosi rinvii ad altre pratiche o serie di riferimento, senza l’ausilio di strumenti di tipo informatico. L’accesso esclusivamente alfabetico e non numerico ha reso più difficile l’individuazione delle pratiche o la possibilità di verificare eventuali richiami ed ha comportato negli anni, da una parte la moltiplicazione e talvolta la duplicazione dei soggetti, dall’altra la frammentazione degli stessi all’interno di pratiche diverse o nell’ambito di una stessa serie. Il primo intervento è quindi stato il trasferimento su sistema informatico dello schedario cartaceo, il cui completamento ha consentito di ottenere, grazie anche a specifiche operazioni sia di normalizzazione delle voci presenti, che di controllo incrociato tra le informazioni contenute nello schedario stesso e le pratiche d’archivio, una “mappatura” abbastanza completa della struttura del fondo. Sono stati quindi avviati interventi di riordino, schedatura e inventariazione delle carte, che procedono dalle principali serie documentarie, individuando, in parallelo, nella sezione numerica le pratiche ad esse collegabili, in riferimento ai due grandi ambiti di attività caratterizzanti l’esperienza e l’azione del senatore Andreotti: la politica estera e la politica interna. Nell’ambito delle operazioni volte a favorire la conoscenza e la fruizione dell’archivio, sono inoltre previsti interventi mirati di acquisizione digitale della documentazione, con particolare riguardo alla raccolta degli scritti e dei discorsi.
Quali sono state le scelte del “soggetto produttore” circa i criteri di accesso alla documentazione?
Nei confronti della consultabilità delle carte del suo archivio il senatore Giulio Andreotti ha mostrato una grande apertura; l’accesso alla documentazione è comunque regolato dalla normativa vigente.
Al di là delle letture “mitologiche”, agli occhi dell’archivista, quale può essere un reale tratto di specificità di questo archivio? Quale può essere il suo reale valore di “memoria-fonte” per la storiografia?
Sicuramente il contributo che lo stesso senatore Andreotti ha dato alla definizione della struttura dell’archivio, attraverso precise strategie e scelte di tipo conservativo, selezionando la documentazione e identificando l’oggetto, il tema o il nome di riferimento, che viene apposto ancora oggi in forma autografa sulle carte, per esteso oppure cerchiando o barrando l’argomento, al quale poi in archivio viene assegnato il corrispondente numero di classifica o di posizione all’interno, rispettivamente, delle due sezioni numerica e seriale. L’apporto di Giulio Andreotti si riflette anche nella logica di aggregazione della carte, di tipo prevalentemente tematico e documentaristico, e nel modo in cui nel tempo sono state strutturate alcune pratiche, concepite come dei veri e propri dossier documentari, con documenti che coprono un arco temporale anche molto ampio, che può andare dalla fine degli anni ’40 fino ai nostri giorni; un archivio quindi inteso non solo come “memoria-fonte” di sé ma anche come “memoria-fonte” per sé. Un’ulteriore conferma di questa funzione è data anche dalla ricchezza e dalla consistenza del materiale bibliografico allegato alle pratiche: si tratta di stampati diversi (libri, opuscoli, pubblicazioni periodiche) di entità al momento non quantificabile, ai quali è stato assegnato il numero di classifica o di posizione delle carte di riferimento, che risulta apposto generalmente sul frontespizio; questi materiali in una prima fase della vita dell’archivio sono stati inseriti all’interno dei fascicoli stessi, per poi cominciare ad essere conservati ed organizzati separatamente, fino a costituire una sorta di archivio bibliografico parallelo alle carte. Un’altra importante specificità che va sicuramente sottolineata è che si tratta di un archivio, oltre che storico, anche di deposito e di uso corrente e questo sia perché il produttore delle carte le utilizza a fini di consultazione, studio e lavoro, sia perché l’archivio è soggetto ad incrementazione documentaria, in quanto il senatore Andreotti è tuttora in attività.
Quale il documento più “antico”? Quale quello più particolare o originale?
In senso assoluto, probabilmente, i documenti più “antichi” sono una fotografia dei genitori ed alcuni documenti del periodo scolastico: due fotografie che lo ritraggono in II elementare ed al III liceo classico, pagelle, esercitazioni, dettati e un diario di IV elementare. Molto particolare è invece la ricca raccolta di menu “storici”, conservati in modo sistematico, a partire dai primi anni ’50, in occasione di viaggi e incontri.

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