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Un nuovo ruolo sociale per l’archivista?

Paolo Franzese

in nn. 2-3/2006
I molteplici fattori di cambiamento che attraversano la società italiana mettono in evidenza l’incapacità di modelli organizzativi e professionali a far fronte alle nuove esigenze.
Si constata oggi, dinanzi all’impetuoso sviluppo della società dell’informazione e alla crisi della Pubblica Amministrazione, una ridotta sintonia dell’organizzazione dei servizi d’archivio e allo stesso tempo della tradizionale figura professionale dell’archivista con la richiesta di nuove competenze e funzionalità. Sono evidenti le difficoltà che incontrano coloro che intendono svolgere questo ruolo a trovar posto in un mercato del lavoro in cui la Pubblica Amministrazione e il pubblico impiego non rappresentano più settori trainanti.
Le tradizionali componenti del profilo professionale - formazione giuridica, competenze paleografiche e diplomatistiche, conoscenza della lingua latina -  non appaiono più sufficienti a far fronte non soltanto alle crescenti funzioni di carattere informatico e multimediale, ma anche alla necessità di intervenire anche su archivi elettronici e mediante articolati sistemi informativi e di trasferire e di elaborare in formato digitale la descrizione degli archivi.
La diffusione di standard descrittivi, sempre più imprescindibili se non a patto di accettare una condizione di incomunicabilità e di isolamento, rende necessaria una competenza nuova e sempre dinamica e impone una crescente attenzione alla compatibilità e alla complementarità delle attività individuali o d’istituto con quelle degli altri soggetti, anche esterni alla propria organizzazione.
Lo sviluppo e la diffusione di sistemi informativi, sia nella gestione delle sale di studio che nell’elaborazione della descrizione e della rappresentazione del patrimonio, impongono nuovi compiti e nuove capacità, soprattutto in relazione agli sviluppi del web come rete di comunicazione e di interazione sociale.
Risulta oggi in via di potenziamento la domanda di una figura di mediatore fra gli archivi e la ricerca che sia in grado di utilizzare i linguaggi e i molteplici strumenti della comunicazione istituzionale, dinanzi ad un pubblico non costituito soltanto dai diretti utenti degli archivi, ma anche da una più vasta utenza remota, non meno esigente e desiderosa di sempre più efficaci strumenti per accedere all’informazione e alle fonti del sapere. All’archivista si richiede in sostanza di fare i conti con la società dell’informazione e di acquisirne atteggiamenti e comportamenti.
Intorno ai beni culturali si sta manifestando da parte di soggetti pubblici e privati l’interesse ad associare, tramite forme di sponsorizzazione, la propria immagine a quella di eventi e di istituti culturali, in cambio di interventi di valorizzazione e di promozione. Questo tipo di domanda esige una nuova capacità da parte degli archivisti di relazionarsi con l’esterno, di operare con il mercato e di svolgere all’interno di questo un significativo e efficace ruolo di operatori di cultura. Marketing e capacità di comunicare efficacemente con i privati diventano preziosi ingredienti del bagaglio culturale dell’archivista. Esperienze di questo tipo diventano sempre meno episodiche, anche a causa della rarefazione delle risorse a disposizione dell’Amministrazione archivistica e del protrarsi di un blocco del turn over che ha elevato ben oltre i 50 anni l’età media degli archivisti di Stato.
Le varie tipologie di collaboratori degli archivi hanno popolato e caratterizzato in questi anni l’ambiente di lavoro di molti archivisti, spinti a misurarsi con esigenze manageriali e a sviluppare inconsueti comportamenti organizzativi, per progettare e per gestire in modo efficace il lavoro di gruppi di operatori diversamente formati e qualificati. Sempre più spesso infatti l’archivista è portato a lavorare per progetti, invece che all’interno della tradizionale organizzazione gerarchico-funzionale e secondo routine, adattandosi in tal modo a situazioni non più caratterizzate da stabilità e ripetitività, ma da temporaneità e unicità. Egli è chiamato a familiarizzare con una cultura del lavorare per progetti e sperimenta la dimensione orizzontale del nuovo modello organizzativo, già molto diffusa nel mondo aziendale.
È anche evidente che lo sviluppo di sistemi di gestione dei flussi documentali impone all’archivista un nuovo ruolo di qualificata consulenza nella progettazione e nel funzionamento dei moderni servizi d’archivio negli uffici della Pubblica Amministrazione e negli enti pubblici e privati. All’archivista si chiede in sostanza di affiancarsi ai quadri e agli esperti delle organizzazioni e degli uffici per definire con loro modelli di gestione documentaria, in grado di salvaguardare la conservazione della memoria, anche in formato digitale, e l’integrità degli archivi.
Indipendentemente dagli imprevedibili sviluppi della Pubblica amministrazione, chi sente una responsabilità per il futuro degli archivi e della professionalità dell’archivista si pone il problema di far fronte a questi nuovi compiti e di progettare una figura, che possegga i requisiti necessari a svolgere un ruolo sociale significativo e propulsivo. Non si tratta semplicemente di attestarsi su posizioni difensive, rivendicando il proprio status e la propria insostituibilità, ma di accettare di riconsiderare un’identità professionale che può ancora svolgere un’importante funzione sociale e culturale. Prima allora di stabilire un adeguamento normativo, sembra essere indispensabile definire un nuovo ruolo culturale e sociale dell’archivista.

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